• I brividi di Lana, Heather e Tori

    Lana del Rey
    Ciglia finte, unghie di plastica, capelli cotonati e labbra visibilmente gonfiate. Un look pericolosamente posticcio quello della cantante e songwriter americana Lana Del Rey, esageratamente artificiale, eppure terribilmente adatto alla sua figura esile, ai suoi grandi occhi da gatta, un alone da diva un po' retrò. Sono in molti a non perdonarle la sua bellezza costruita e iperfemminile da bimbo girl, al limite della caricatura. Perfino il nome è una piccola bolla di sapone. E' frutto di una combinazione tra il nome dell'attrice hollywoodiana Lana Turner e quello dell'automobile Ford Del Rey.

    "Chissà chi è questa qui" ti dici, quando la vedi arrivare. Sembra uscita da chissà quale immaginario pop. Poi, Lana dischiude le labbra al silicone e canta. Sussurra, ondeggia appena. Parole dolcissime. Muove con grazia sensuale quelle mani corredate da assurde unghie di resina e la magia comincia. La sua voce vibra, rapisce come quei bei sogni che ci lasciano tiepidi e soddisfatti al risveglio, parte di un mondo parallelo a questo, malinconico e distante. 

    La ascoltiamo qui in Video Games, live al Corinthia Hotel a Londra nel 2011, con gli orecchini in tono con il lampadario sferico, il pianista in stato di grazia, e la voce tremante per l'emozione.



    Heather Nova
    Bionda, capelli lunghi. pochi fronzoli, qualche bracciale etnico ai polsi. Heather Nova è molto bella, ma di una bellezza niente affatto appariscente. Viene dalle Bermuda, ma di esotico non ha quasi nulla, si veste quasi sempre di nero, un paio di jeans e via, anche sul palco. Niente lustrini, niente orecchini. Molto asciutta, sembra perfino un po' freddina.

    Quando inizia a cantare tutto cambia, inutile dirlo. Heather si trasforma in una sirena. Intensa, intonata e struggente. Adoro quel suo modo di aggrapparsi con le due mani al microfono, quando non suona la chitarra. La musica c'è ma tu ascolti solo lei, la sua voce dal timbro così femminile e sincero. Quasi una supplica. Affascinante.

    La vediamo qui interpretare la canzone con cui mi ha stregata, All I need, live in Amburgo nel 2003.



    Tori Amos
    Lei la conoscete già. E' una che respira musica, che ci vive dentro e si vede. I suoi capelli rossi, le sue labbra carnose, i suoi ritornelli ipnotici. Il suo pianoforte. A metà tra strega e fata dei boschi, la statunitense Myra Ellen Amos, detta Tori, illumina le scene dagli anni '90. Le storie che racconta sono sempre un po' maledette, a metà tra la fiaba metropolitana e il racconto della nonna. Le sue cover sanno reinterpretare pezzi famosi (o meno, come in questo caso) in modo assolutamente originale.

    Ascoltare Tori Amos è sempre coinvolgente, almeno quanto vederla: ammiccante e stupenda, suona il piano in modo atipico, energico, personale. Una postura stranissima. Scrive e orchestra tutto da sé, anche nei disci, in maniera quasi ossessiva, e lo stesso fa sul palco: si impossessa della scena, con voce e corpo. La sua capacità di emozionare è totale. Dicono di lei: "It is normal for Tori to make grown men cry." Con me ci riesce spesso, dico, a farmi piangere. Che artista.

    Qui interpreta una cover di Real Men, al Late Late Show del 2011. To die for.

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