Istanbul, sei bella sotto la neve
Salii a fatica sul vagone in partenza, pieno di pacchetti. Tutti fermi sul binario, mi salutavano agitando la mano, così anch'io mi sporsi dal finestrino e li salutai. Vidi solo all'ultimo il cane nero come il carbone correre allegro lungo il binario e subito accanto a me, con la lingua rossa fuori. Poi tutti scomparvero dentro i grandi fiocchi di neve che si facevano sempre più intensi.
Mi sedetti e osservai le luci arancioni delle ultime case nei sobborghi che si vedevano tra i fiocchi di neve, le stanze malandate dove si guardava la televisione e i fumi sottili, tremolanti ed esili che uscivano dai comignoli storti sui tetti coperti di neve: cominciai a piangere.
~ Orhan Pamuk, Neve, trad. di Maria Bertolini e Şemsa Gezgin, Einaudi, Torino, 2004 ~
I brividi di Lana, Heather e Tori
Lana del Rey
Ciglia finte, unghie di plastica, capelli cotonati e labbra visibilmente gonfiate. Un look pericolosamente posticcio quello della cantante e songwriter americana Lana Del Rey, esageratamente artificiale, eppure terribilmente adatto alla sua figura esile, ai suoi grandi occhi da gatta, un alone da diva un po' retrò. Sono in molti a non perdonarle la sua bellezza costruita e iperfemminile da bimbo girl, al limite della caricatura. Perfino il nome è una piccola bolla di sapone. E' frutto di una combinazione tra il nome dell'attrice hollywoodiana Lana Turner e quello dell'automobile Ford Del Rey.
"Chissà chi è questa qui" ti dici, quando la vedi arrivare. Sembra uscita da chissà quale immaginario pop. Poi, Lana dischiude le labbra al silicone e canta. Sussurra, ondeggia appena. Parole dolcissime. Muove con grazia sensuale quelle mani corredate da assurde unghie di resina e la magia comincia. La sua voce vibra, rapisce come quei bei sogni che ci lasciano tiepidi e soddisfatti al risveglio, parte di un mondo parallelo a questo, malinconico e distante.
La ascoltiamo qui in Video Games, live al Corinthia Hotel a Londra nel 2011, con gli orecchini in tono con il lampadario sferico, il pianista in stato di grazia, e la voce tremante per l'emozione.
Heather Nova
Bionda, capelli lunghi. pochi fronzoli, qualche bracciale etnico ai polsi. Heather Nova è molto bella, ma di una bellezza niente affatto appariscente. Viene dalle Bermuda, ma di esotico non ha quasi nulla, si veste quasi sempre di nero, un paio di jeans e via, anche sul palco. Niente lustrini, niente orecchini. Molto asciutta, sembra perfino un po' freddina.
Quando inizia a cantare tutto cambia, inutile dirlo. Heather si trasforma in una sirena. Intensa, intonata e struggente. Adoro quel suo modo di aggrapparsi con le due mani al microfono, quando non suona la chitarra. La musica c'è ma tu ascolti solo lei, la sua voce dal timbro così femminile e sincero. Quasi una supplica. Affascinante.
La vediamo qui interpretare la canzone con cui mi ha stregata, All I need, live in Amburgo nel 2003.
Quando inizia a cantare tutto cambia, inutile dirlo. Heather si trasforma in una sirena. Intensa, intonata e struggente. Adoro quel suo modo di aggrapparsi con le due mani al microfono, quando non suona la chitarra. La musica c'è ma tu ascolti solo lei, la sua voce dal timbro così femminile e sincero. Quasi una supplica. Affascinante.
La vediamo qui interpretare la canzone con cui mi ha stregata, All I need, live in Amburgo nel 2003.
Tori Amos
Lei la conoscete già. E' una che respira musica, che ci vive dentro e si vede. I suoi capelli rossi, le sue labbra carnose, i suoi ritornelli ipnotici. Il suo pianoforte. A metà tra strega e fata dei boschi, la statunitense Myra Ellen Amos, detta Tori, illumina le scene dagli anni '90. Le storie che racconta sono sempre un po' maledette, a metà tra la fiaba metropolitana e il racconto della nonna. Le sue cover sanno reinterpretare pezzi famosi (o meno, come in questo caso) in modo assolutamente originale.
Ascoltare Tori Amos è sempre coinvolgente, almeno quanto vederla: ammiccante e stupenda, suona il piano in modo atipico, energico, personale. Una postura stranissima. Scrive e orchestra tutto da sé, anche nei disci, in maniera quasi ossessiva, e lo stesso fa sul palco: si impossessa della scena, con voce e corpo. La sua capacità di emozionare è totale. Dicono di lei: "It is normal for Tori to make grown men cry." Con me ci riesce spesso, dico, a farmi piangere. Che artista.
Qui interpreta una cover di Real Men, al Late Late Show del 2011. To die for.
Lei la conoscete già. E' una che respira musica, che ci vive dentro e si vede. I suoi capelli rossi, le sue labbra carnose, i suoi ritornelli ipnotici. Il suo pianoforte. A metà tra strega e fata dei boschi, la statunitense Myra Ellen Amos, detta Tori, illumina le scene dagli anni '90. Le storie che racconta sono sempre un po' maledette, a metà tra la fiaba metropolitana e il racconto della nonna. Le sue cover sanno reinterpretare pezzi famosi (o meno, come in questo caso) in modo assolutamente originale.
Ascoltare Tori Amos è sempre coinvolgente, almeno quanto vederla: ammiccante e stupenda, suona il piano in modo atipico, energico, personale. Una postura stranissima. Scrive e orchestra tutto da sé, anche nei disci, in maniera quasi ossessiva, e lo stesso fa sul palco: si impossessa della scena, con voce e corpo. La sua capacità di emozionare è totale. Dicono di lei: "It is normal for Tori to make grown men cry." Con me ci riesce spesso, dico, a farmi piangere. Che artista.
Qui interpreta una cover di Real Men, al Late Late Show del 2011. To die for.
Un attimo colorato, prima che faccia buio
C'è un attimo che precede la notte, qui a Istanbul, in cui le luci si accendono tutte insieme. Senza far rumore, senza fretta e senza preannuncio. Luci mai uguali a se stesse, riflesse nelle acque nere e profonde del Bosforo, sempre un poco agitate, quasi custodissero chissà quale segreto.
E' questo il momento della giornata che i gabbiani preferiscono. Lo dimostrano i loro gridi acuti, quegli strani richiami che lanciano a quest'ora per cercarsi, rincorrersi, planare nel vento che soffia a folate dal mare.
E' questo il momento della giornata che i gabbiani preferiscono. Lo dimostrano i loro gridi acuti, quegli strani richiami che lanciano a quest'ora per cercarsi, rincorrersi, planare nel vento che soffia a folate dal mare.
Alcune finestre si illuminano di chiarori tenui, il chay perde i suoi riflessi ambrati tra le volute di fumo opaco d'una tazzina, le voci della città si fanno simili a sospiri. Mille paia di occhi sono rivolti al cielo.
Il blu piomba nel viola e poi nel nero, d'improvviso, come un cavallo che impenni davanti a un ostacolo che già conosce, e che supererà. L'ostacolo da attraversare è l'oscurità. Il buio. La notte che arriverà senza inganno, con il suo manto nero.
Il blu piomba nel viola e poi nel nero, d'improvviso, come un cavallo che impenni davanti a un ostacolo che già conosce, e che supererà. L'ostacolo da attraversare è l'oscurità. Il buio. La notte che arriverà senza inganno, con il suo manto nero.
Qui siamo giusto un attimo prima che scenda questa scura cortina.
E' un momento che ha in sé qualcosa di irreparabilmente magico.
La bellezza è fatta quasi sempre di questo, di un attimo. Un attimo colorato. Sospeso. Unico e non ripetibile. Impalpabile e terreno come solo Istanbul sa essere.
Trovare lavoro all'estero, e non solo
Ricevo ogni settimana moltissime email di lettori che mi chiedono risorse per cercare e trovare lavoro all'estero. Nella foresta del web - dove tutto sembra a portata di mano - è facile perdersi, non trovare quello che si sta cercando, imbattersi in siti web che non mantengono esattamente quello che promettono. Diventa sempre più importante, quindi, avere a portata di mano una buona lista di siti web ben fatti, dove attingere a piene mani e senza paura alcuna!
A questo proposito ho pensato di consigliarvi iAgora, un sito davvero ottimo per trovare lavoro o uno stage all'estero, per chi ha voglia di trasferirsi o semplicemente sta cercando di globalizzare il proprio CV, mossa astuta di questi tempi, indubbiamente. Vediamo subito come funziona.
Ho perso un amico
Ho perso te.
I tuoi colori, la tua innocente
fame d'affetto, a ogni ora
Un amico, sincero e nobile.
Queste righe che non leggerai sono per te,
ne conosci già ogni parola.
Non mi sentivo sola
c'eri tu
Quanto ti piaceva correre, e annusare
correrò anche io d'ora in poi
e annuserò tutti quanti gli odori di questa vita
Mi hai dato moltissimo,
non mi hai chiesto nulla,
mi hai insegnato che l'essenziale
è davvero invisibile agli occhi
come diceva il Piccolo Principe
Ora lo so
Mi mancherai, ma imparerò a vivere senza di te,
senza la tua testolina da accarezzare.
Imparerò anche dalla tua assenza.
Imparerò anche dalla tua assenza.
Non sei più
e il cuore batte forte al tuo ricordo
bellissimo
A Byron ~ ECH
Haiku sul mare d'inverno a Istanbul
Scivolano le nuvole grigie, il vento, i gabbiani. Il freddo è lontano, o forse è vicino, profondo, nascosto tra i flutti del mare, di un Bosforo sempre più scuro. I canti e le parole non dette... Solitudine e pensieri si susseguono nelle giornate più corte dell'anno, un po' malinconiche e un po' appassionate: è l'inverno di Istanbul, tra le mura della città vecchia. Se vuoi leggere gli haiku del mare d'inverno, li trovi qui.
Conquistarsi ogni giorno un nuovo orizzonte
Non fissarti in un posto, muoviti, sii nomade, conquistati ogni giorno un nuovo orizzonte. Ti sbagli se credi che la gioia derivi soltanto o principalmente dalle relazioni umane. Il Signore l'ha disposta intorno a noi e in tutto ciò che possiamo sperimentare. Dobbiamo soltanto trovare il coraggio di rivoltarci contro lo stile di vita abituale e buttarci in un'esistenza non convenzionale.
~ Christopher Johnson McCandless, aka Alexander Supertramp ~